lunedì 5 agosto 2013

IL PIACERE SESSUALE A PORTATA DI CLIC


Dilaga il piacere a portata di clic, almeno stando alle visite registrate dai siti specializzati nel settore. 

«Il web è un facilitatore di incontri: non stupisce dunque il dilagare di chat e porno online, ma anche dei siti di dating, dove l'obiettivo degli utenti, spesso donne, è quello di una relazione romantica. Il problema arriva quando la passione per cybersex (chat erotiche) o cyberporn (video porno online) diventa patologica, si trasforma in un pensiero intrusivo che domina la giornata, influisce sulle relazioni reali e incide pesantemente sulla produttività sul lavoro».

A descrivere all'Adnkronos Salute il mondo di 'quelli che lo fanno via web', un piccolo esercito come testimonia anche il successo di YouPorn, è Federico Tonioni, direttore del Centro per le psicopatologie da web del Policlinico Gemelli di Roma, autore del manuale 'Psicopatologia web mediata, dipendenza da internet e nuovi fenomeni dissociativì (Springer). 

«Prima di tutto - premette - bisogna dire che il sesso via web non è sempre patologico, può essere un modo come un altro per declinare il proprio desiderio, la propria fantasia, concedersi avventure spesso solo virtuali e sognare un pò. Il fatto di non arrivare mai a un incontro dal vivo consente di coltivare l'illusione, ma a volte le cose sono differenti: le emozioni del sesso virtuale diventano una 'drogà che porta a maratone online. La compulsività, l'ossessione e l'assenza di uno scambio vero e proprio con l'altro rappresentano campanelli d'allarme. Nella testa di chi è stregato dal cybersex il pensiero della connessione è dominante, eccita fin dalla mattina, anche se poi magari si naviga solo un'oretta».

Spesso accade che si arrivi a saltare la pausa pranzo per concedersi un momento hot in ufficio all'insaputa dei colleghi, «ecco perchè sono convinto che si sottovaluti il peso di questo fenomeno sulla produttività: se lavori tutto il giorno con quel pensiero fisso, o fai pause online per indulgere al piacere, certo non potrai dare il massimo».

Ma il sesso virtuale non è uguale per tutti. «Le donne preferiscono le chat e i siti di dating al porno». Alla fine per le cybernaute il retropensiero è sempre quello del 'principe azzurro', magari virtuale. «Più spesso degli uomini le donne puntano a una relazione, anche solo sul piano virtuale». Discorso a parte per i giovanissimi, spiega l'esperto che nel suo ambulatorio ha avuto tante richieste di aiuto dai 'webdipendenti', visitando più di 300 soggetti di cui circa il 20% sopra i 30-35 anni, stregati da gioco d'azzardo online e siti per adulti.

«Il resto dei nostri pazienti, circa l'80%, sono stati proprio i ragazzi dai 12 ai 25 anni, fruitori di chat, social network e giochi di ruolo». Ebbene, «nei giovani la relazione web mediata può portare a una dissociazione del rapporto mente-corpo. In pratica - spiega - nel cybersex manca la fase della formazione: il sesso via web mette al riparo da emozioni, sensazioni ma anche dai problemi di quello reale. Ci si spoglia e si fa texting mandando immagini hard per avere ricariche, ma poi dal vivo si è in imbarazzo perchè non si tratta di esperienze reali. Ecco che il pericolo è quello di un blocco, una timidezza estrema con gli altri in carne ed ossa», che porta poi a una nuova fuga liberatoria sul web.



domenica 2 giugno 2013

UN AVATAR CURERA' LA SCHIZOFRENIA

La schizofrenia si curerà attraverso un avatar. E’ quanto emerge da un’indagine condotta da un gruppo di ricercatori dell’University College of London. La ricerca, su 16 pazienti schizofrenici, ha testato una nuova tecnica: l’avatar therapy. Come funziona? Coloro che soffrono di questo particolare disturbo mentale avranno finalmente davanti il persecutore immaginario e potranno parlarci. In un certo senso, le loro paure diventeranno realtà. Il terapista, poi, potrà intervenire proprio attraverso questo personaggio, incoraggiandoli a opporsi alle voci che spesso suggeriscono di provocare danni ai familiari o a loro stessi. Pubblicata sul British Journal of Psychiatry, l’analisi ha dimostrato che la paura di essere perseguitati, se trasferita su un altro soggetto, favorirebbe il controllo dei comportamenti degli schizofrenici, effetto che si ottiene raramente attraverso l’assunzione di farmaci psichiatrici.

UN TEST PER SCOPRIRE LA DEPRESSIONE POST-PARTUM

Colpisce molte donne, dopo la gravidanza, con un disturbo dell'umore che si manifesta nelle prime settimane successive al parto e poi si trasforma in una vera e propria depressione, che può portare a compiere gesti estremi, anche sui propri stessi figli. Un disturbo che però ora potrebbe essere diagnosticato, con un semplice esame del sangue. Grazie ad una ricerca condotta da Zachary Kaminsky , psichiatra della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, si è infatti scoperto che la depressione post-partum è correlata alla presenza di due geni del DNA, indicatori del rischio di questa patologia.
Sottoponendo la donna ad un semplice prelievo del sangue e successivo test, dunque, si potrebbe verificare la presenza o meno di questi geni, in modo da intervenire preventivamente sui soggetti a rischio. Secondo la ricerca, pubblicata sulla rivista Molecular Psychiatry , l'attendibilità del test è pari all'85%. In oltre 8 donne su 10 sottoposte allo studio e risultate "propense" ad andare incontro ad una depressione dopo la gravidanza, è stata infatti riscontrata la presenza dei geni TT9B e HP1BP3, entrambi importanti per la loro influenza sul corretto funzionamento dell'ipotalamo, ovvero una struttura del sistema nervoso centrale dove risiedono numerosi nuclei che attivano, controllano e integrano l'attività endocrina e alcune funzioni fondamentali come il sonno, l'assunzione del cibo, il bilancio idro-salino e la termoregolazione.
Tra i sintoni della depressione post-partum ci sono proprio crisi di pianto e cambi di umore, irritabilità generale, ma anche perdita di appetito o sonno (o al contrario l'incapacità di stare svegli), perdita di interesse nei confronti delle attività quotidiane e del neonato. Fino ad oggi questo disturbo è stato curato tramite la somministrazione di farmaci anti-depressivi, con particolare attenzione, però, alle limitazioni che questi comportano sulla possibilità di allattare. Fondamentale anche e soprattutto il supporto psicologico alle neo-mamme, che in alcuni casi può limitarsi alla vicinanza da parte di un familiare, mentre in altri necessità dell'intervento di uno specialista, con una vera e propria psicoterapia.

Quanto all'incidenza della depressione, secondo recenti stime il 10-15% delle donne ne è a rischio, mentre durante e dopo una gravidanza questa percentuale aumenta fino a 7 volte tanto. Nelle donne con precedenti diagnosi di disturbi dell'umore, il rischio che possa insorgere la depressione post-partum viene indicato nel 35%, mentre in chi non ha mai sofferto di disturbi analoghi in precedenza, si attesta al 18%. La possibilità di scoprire il rischio di andare incontro a questa patologia, tramite un test del sangue, potrebbe ridurre sensibilmente questi numeri. 

PER LA DEPRESSIONE SONO EFFICACI TUTTI I TIPI DI PSICOTERAPIA

(AGI) - Londra, 30 mag. - Tutte le tipologie di psicoterapia risultano efficaci nel trattamento della depressione senza farmaci, secondo un nuovo studio internazionale coordinato dall'Universita' di Berna che ha analizzato i dati di oltre quindicimila pazienti che si sono sottoposti a sedute con sette differenti approcci psicologici: psicoterapia interpersonale, attivazione comportamentale, terapia cognitivo-comportamentale, terapia di problem solving, terapia psicodinamica, training di competenze sociali e consulenza di supporto. Dai risultati e' emerso che tutte e sette le terapie hanno prodotto ottimi risultati nella riduzione dei sintomi della depressione senza differenze significative tra i metodi. La ricerca "Comparative Efficacy of Seven Psychotherapeutic Interventions for Patients with Depression: A Network Meta-Analysis" e' stata condotta da Jurgen Barth e pubblicata sulla rivista Plos Medicine.

IL NOSTRO CERVELLO PRODUCE DA SOLO L'ANSIOLITICO

Il nostro cervello si produce il "valium" da solo. La scoperta, resa nota sulla rivista Neuron, si deve a ricercatori della Stanford University School of Medicine in California diretti da John Huguenard che hanno scoperto che il cervello autoproduce una piccola proteina con effetti calmanti e analogo meccanismo d'azione degli ansiolitici, le benzodiazepine.
Si tratta della proteina chiamata 'DBI' e potrebbe fornire la chiave per nuovi farmaci anti-ansia e antiepilessia. Le benzodiazepine, farmaci anti-ansia e contro l'insonnia che però danno dipendenza, agiscono sul cervello aiutando il neurotrasmettitore 'calmante' per eccellenza, il Gaba. Questo si lega a recettori sui neuroni e letteralmente li calma, riducendo la loro attività. Il Gaba viene aiutato a fare il suo lavoro dai principi attivi delle benzodiazepine.
 Ebbene, in una serie di esperimenti sui topi, gli esperti hanno scoperto che la molecola naturale DBI fa esattamente la stessa cosa ed è per di più attiva in una regione chiave in cui hanno origine gli attacchi epilettici, il talamo. Secondo gli studiosi, questo può essere l'inizio di un nuovo fronte della ricerca che potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci antiepilettici e anti-ansia.

domenica 26 maggio 2013

PER ESSERE FELICI BISOGNA AGIRE


Lien Pham, studioso della University of California, ritiene che per raggiungere la felicità non sia sufficiente sognarla. Per dimostrarlo ha chiesto a un gruppo di studenti di immaginare per qualche minuto di aver preso voti molto alti ad un esame. Ma alla fine del test i ragazzi hanno studiato molto meno e ottenuto voti bassi. E' arrivato a una conclusione simile ancheGabriele Oettingen della New York University che ha chiesto invece ai suoi alunni di prendere appunti su un sogno ricorrente: quello di trovare un ottimo lavoro una volta laureati. Qui i ricercatori hanno scoperto che i ragazzi più inclini a immaginare una vita lavorativa 'perfetta', finiscono con più facilità nel gruppo di persone disoccupate o con salario basso. Sembra quasi che immaginare la perfezione e sognare a occhi aperti, tolga energie nel raggiungimento dei propri obiettivi. 

Gran parte dei teorici della felicità spiegano quanto sia importante cambiare vita. Spiegano che chi è  scontento e insoddisfatto, deve cercare novità. Non bisogna credere che a decidere sia solo il destino e arrendersi. Molti esperti sono convinti che tutto si basi sulle emozioni e sulla forza di volontà. Uno dei primi a dare vita a questa teoria fu, a fine ‘800, lo scienziato William James, fratello dello scrittore Henry James. Fu lui uno dei primi ricercatori a stabilire che il comportamento influisce su determinate emozioni, spiegando che, ad esempio, sorridere in modo forzato porta a spensieratezza e felicità. La tesi fu ripresa molto dopo, negli anni ’70 dallo psicologo James Laird che fece ulteriori test per dimostrare come  sia più facile avere sentimenti positivi se ci si esercita a sorridere e a ridere in modo forzato. Insomma più che nel pensiero la formula magica si nasconde nell’azione, in questo caso quella di muovere i muscoli del viso fino a sorridere.

Poggia sul rapporto fra azione e pensiero anche una ricerca della National University di Singapore. Gli studiosi hanno chiesto a un gruppo di persone di entrare in una pasticceria, ma evitando di mangiare dolci. I partecipanti ai quali era stato chiesto di tenere il pugno chiuso e dunque ad agire, sono riusciti a evitare tentazioni, mentre gli altri si sono fatti catturare dalle leccornie. Un test simile è stato fatto anche da Dana Carney, docente alla Columbia Business School. In questo caso i protagonisti della sperimentazione hanno simulato una normale attività d’ufficio. Nel gruppo c’era chi ha assunto posizioni di potere, con conseguenti atteggiamenti, mentre altri hanno svolto funzioni che non sono associate a un ruolo di dirigenza. Calcolando i livelli di testosterone dei partecipanti, i ricercatori hanno stabilito che chi è al potere  sviluppa fiducia in se stesso e ha una maggiore spinta nel raggiungere un obiettivo importante.

Queste teorie rivelano che non bisogna sognare le cose, ma servono energie per raggiungere risultati positivi. Agire molto e pensare meno. Come diceva Bernard Shaw: "Il segreto di essere infelici è di avere tempo di chiedersi continuamente se si è felici o no". Inutile abbandonarsi al pensiero, bisogna fare tante cose. Sullo stesso filone vanno segnalati anche gli studi della psichiatra di Harvard, Ellen Langer, alla fine degli anni ’70. La studiosa chiese a un gruppo di uomini di cambiare vita, immaginando di essere più giovani di 20 anni e di vivere negli anni ‘50. La Langer dimostrò che dopo pochi giorni i partecipanti si sentivano più forti, completamente sicuri delle proprie azioni e camminavano più in fretta. Il giornale The Guardian conclude che decenni di studi hanno dimostrato che la teoria di William James può essere applicata a molti aspetti della vita quotidiana. Sarebbe una buona ricetta per evitare stress e preoccupazioni, agirebbe inoltre come stimolo per l'innamoramento. Raggiungere concretamente gli obiettivi desiderati è anche un modo per essere fiduciosi, sicuri di se e più felici. La ricetta della felicità sta dunque nell’azione e nel cambiamento. Forse vale la pena di seguire i consigli di esperti e psichiatri. Se non siete contenti di come vanno le cose della vostra vita, fate una piccola rivoluzione. Osate. Ma ricordate che non è tempo di pensare, ma di agire.